lunedì 18 aprile 2011

dal quotidiano "IL GIORNO"

"Senna Lodigiana, 18 aprile 2011 - La canonica della chiesa di Corte Sant’Andrea, punto cardine della via Francigena, diventa laboratorio per la realizzazione di un progetto, al momento unico in Italia, di recupero e riqualificazione secondo le tecniche più evolute di bioedilizia e risparmio di risorse energetiche ed ambientali.
Ieri lo staff che da mesi lavora all’iniziativa con il coordinamento dell’architetto Marco Jadicicco Spignese, ha presentato in chiesa le caratteristiche dell’intervento. La presentazione viene replicata anche oggi dalle 16 alle 18,30. La canonica della seicentesca parrocchiale, gioiello su cui stanno per iniziare interventi di restauro finanziati da Terna per 165mila euro, si appresta a diventare testimonianza di una concezione d’avanguardia in fatto di riqualificazione, tanto che il progetto dell’architetto Jadicicco, docente al Politecnico di Milano, ha riscosso il placet dell’ iiSBE Italia, (efficienza energetica e qualità ambientale).
Quest’anno debutta nella Tredicesima settimana della cultura e a settembre sarà presentato anche nella settimana europea della cultura. Per la fattibilità dell’intervento si stanno attivando anche Paolo Pagliussa dell’HD System e Raffaele Del Monaco Oikos «Architettual», mentre quattro giovani universitari: Giulia Ansuini, Letizia Ronchi, Francesca Guarneri e Federico Castellucchio, hanno da poco conseguito la laurea in architettura con una tesi incentrata proprio sulla canonica.
La prospettiva di una riqualificazione dell’immobile, ora in disuso, entusiasma il parroco don Giuseppe Castelvecchio e il sindaco, Francesco Antonio Premoli. Già in campo le prime ipotesi di utilizzo: un ostello per i pellegrini e un museo con i reperti della via Francigena e del guado del Po."

martedì 5 aprile 2011

PRINCIPI FONDAMENTALI - - - - - art. 9 della Costituzione

"La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica. Tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione."

giovedì 31 marzo 2011

ALCUNI SIGNIFICATI DELLA CONSERVAZIONE

Nel dibattito sul Restauro Conservativo, è importante puntualizzare alcune definizioni di carattere generale, per introdurre il concetto di Progetto di tutela, conservazione e riuso di un oggetto prodotto dall’uomo (manufatto) e, in quanto tale, considerato testimonianza di un’epoca ormai trascorsa. 
Il Progetto come un insieme di operazioni che consentano di organizzare risorse scarse per ottenere un valido obiettivo. Nel progetto di Restauro, la risorsa scarsa è il passato. La Tutela come insieme di interventi indiretti sul bene di interesse, per ottenere la sua protezione. Anche gli atti conoscitivi che divulghino l’importanza di un bene, come il rilievo, la schedatura, il censimento e l’indagine storica, sono atti di tutela. LaConservazione come la rimozione e il rallentamento delle cause di degrado che inficiano la salute di un bene. Non si tratta di un atto compiuto una volta per tutte, ma esercitato nel tempo come trasformazione controllata. Il Riuso come la ridefinizione, condivisa in un progetto, di un ruolo che si vuole attribuire ad un edificio.  Un uso compatibile è il fondamento della conservazione, in cui trova spazio anche l’inserimento del nuovo.
Il manufatto eseguito dall’uomo, con determinati strumenti, tecniche e materiali, deve essere conservato perché riconosciuto come irripetibile; i processi impiegati per costruirlo sono scomparsi o rari. Tale concezione rimanda al valore di antichità di cui parlava Alois Riegl in “Il moderno culto dei monumenti. La sua essenza, il suo sviluppo” (1903), (Der moderne Denkmalkultus, sein Wesen, seine Entstehung). In particolare,“[…] dalla mano umana esigiamo la produzione di opere concluse come simboli del divenire necessario e regolare, dalla natura che agisce nel tempo esigiamo il degrado di quel carattere concluso come simbolo dell’altrettanto necessario trascorrere. Nelle opere umane recenti disturbano i segni del trascorrere del tempo nello stesso modo in cui nelle opere antiche ci disturbano i segni di nuovo divenire.”
L’edificio, in cui si contrastano vetustà e novità, è da ritenersi un palinsesto nel quale sono presenti i segni della sua storia. Tale concetto di monumento-documento è stato rafforzato dalla scuola francese Les Annales, derivando da qui la cultura materiale, la lettura delle tracce e dei segni (la stratificazione storica) come memoria dei fatti. E’ quindi fondamentale la comprensione e la conservazione di questi segni, poiché rappresentano gli elementi attraverso i quali si esprime il primo valore di testimonianza del Bene. Le trasformazioni devono, di conseguenza, essere limitate allo stretto necessario, con il solo scopo di eliminare le cause di degrado e dissesto.
In tempi più recenti è nato il termine di Bene Culturale come ogni testimonianza prodotta dall’uomo avente valore di civiltà. Tale definizione sancisce definitivamente il concetto della necessità della tutela estesa e della Conservazione; in architettura, anche per l’edilizia diffusa o ritenuta “minore”.
Il progetto di Restauro conservativo di un edificio ha o dovrebbe avere caratteristiche specifiche del tutto differenti da quelle del progetto del “nuovo”. Ciò presuppone delle conoscenze specialistiche che devono tradursi in determinati atti progettuali. Un corretto progetto incomincia molto prima della stesura delle tavole esecutive, attraverso un’ampia fase di conoscenza preliminare, senza la quale vengono meno i presupposti per le giuste valutazioni operative. Questa fase deve mostrare oggettivamente quali siano le cause di degrado o di dissesto che inficiano la conservazione del Bene.
Affiancato al progetto di restauro conservativo delle materie, tra le quali s’intendono anche le finiture e le coloriture storiche (il colore è materia), in un’architettura è fondamentale anche recuperare il valore d’uso, aggiornato ai vincoli normativi. E’ quindi determinante il controllo del nuovo inserimento che si affianca alla materia storica conservata (sia per parti architettoniche che per interventi di consolidamento strutturale). Esistono differenti categorie concettuali per considerare questo tipo di problema. Parlando, invece, in termini di temi progettuali è importante una progettazione capace di confrontarsi con alcune categorie di valore, quali : reversibilità, non-invasività, riconoscibilità, sperimentatezza,compatibilità, congruenza ecc.
In particolare, per quanto riguarda la compatibilità, è possibile una sua valenza estesa, non solamente all’edificio e alle materie di cui è composto (fisica, chimica e meccanica), ma al contesto in cui esso si inserisce, all’ambiente in senso generale.
Questa considerazione permette di conciliare e controllare tematiche che potrebbero sembrare lontane tra di loro, come appunto la conservazione di elementi storici, la compatibilità ambientale dei materiali in opera, il risparmio di risorse, il contenimento energetico. Vedremo come in un altro articolo.    

L’ACCIAO INOSSIDABILE NEL CONSOLIDAMENTO DELLE STRUTTURE

L’utilizzo dell’acciaio nel consolidamento delle strutture, è una delle scelte possibili nell’articolato e spesso confuso panorama dei materiali che ci vengono proposti per l’intervento di “risanamento” strutturale,  nel quale alcune tecnologie vengono presentate come cure miracolose.
Nella conservazione degli edifici di valenza storica la scelta dell’acciaio ed in modo particolare dell’acciaio inox, sta assumendo un ruolo centrale e ciò a buona ragione per tutta una serie di evidenti vantaggi: ridotto ingombro, costi contenuti, grande resistenza, immediata riconoscibilità e reversibilità dell’intervento e da ultimo una durabilità confrontabile con quella della struttura che lo contiene.
Viene spesso paventata una presunta incompatibilità dell’acciaio con i materiali che fanno parte della fabbrica storica. Se ne critica spesso, e talora senza ragione, la differente rigidezza e la ridotta durabilità nel tempo. Riguardo alla rigidezza è certamente vero che, come materiale, l’acciaio è più rigido della muratura (vale  a dire  a parità di parametri geometrici si deforma meno della muratura) ma è da osservare che le quantità di nuovo materiale in gioco sono assolutamente ridotte rispetto a quelle del materiale originario. La rigidezza globale non può risultare pertanto particolarmente diversa da quella globale della struttura prima dell’intervento.
Riguardo alla durabilità, si deve riconoscere che nel recente passato, e talora anche oggigiorno, l’uso improprio del materiale acciaio, soprattutto se poco protetto, ha portato a fenomeni gravissimi di degrado a danno del materiale stesso e della fabbrica nel quale è stato utilizzato. Questo però non significa che non si possa utilizzare l’acciaio nel consolidamento di edifici monumentali; significa solo che in certi casi è stato usato male, come è successo con tutti gli altri materiali impiegati nel consolidamento, legno, calcestruzzo ed oggi i materiali sintetici di varia natura.
L’acciaio in generale non solo è compatibile con l’edilizia storica da un punto di vista sia di resistenza che di rigidezza ma, nel particolare caso dell’ acciaio inox, anche il pregiudizio della scarsa durabilità risulta del tutto infondato.
Dal medioevo in poi l’impiego di catene, cerchiature, grappe ed elementi metallici di connessione si è diffuso come soluzione privilegiata per assorbire gli sforzi di trazione prodotti dalla componente orizzontale delle forze negli archi e nelle cupole, oppure per migliorare collegamenti difettosi o per ripristinare quelli del tutto mancanti.  Esempi illustri si possono rintracciare in numerosi monumenti del passato. Si pensi alle componenti metalliche adottate per la cupola di S. Maria del Fiore nel progetto di Brunelleschi; si pensi ai molti interventi del passato per gli incatenamenti di archi e volte spingenti o per la cerchiatura di colonne fessurate.
La scelta di componenti metalliche, sia in interventi di consolidamento a posteriori, sia all’atto stesso della costruzione della fabbrica, ha frequentemente caratterizzato l’edilizia storica.
Sostenere l’incompatibilità tra acciaio e muratura è quindi una forzatura contraddetta dalla presenza stessa degli edifici storici.
Superato questo pregiudizio, fortunatamente sempre meno presente nel mondo del restauro e della conservazione, quello che interessa è invece dimostrare come l’acciaio sia un materiale capace di risolvere, con efficienza e talora con eleganza, gran parte dei problemi statici. 

lunedì 28 marzo 2011

IL COLORE DEGLI EDIFICI STORICI


Parlare di superfici e di colori dell’edilizia storica può facilmente condurre a interpretazioni controverse e forvianti. E’ facile, infatti, considerare la finitura come superficie bidimensionale con valore autonomo rispetto l’organismo di cui fa parte, soprattutto nel caso di decorazioni o affreschi.
In realtà essa è lo strato ultimo visibile di un organismo complesso e stratificato sul quale è collocata e per il quale è stata pensata. L’edificio che la accoglie è tridimensionale, caratterizzato da un’organizzazione spaziale interna (molto forte negli edifici storici); per esso la decorazione costituiva parte organica di completamento. Anche per le finiture o tinteggiature la considerazione non è molto difforme. La scelta delle coloriture e degli effetti percettivi con queste ottenibili erano valutati attentamente considerando l’esposizione delle pareti, gli effetti derivanti dall’illuminazione naturale etc.
La superficie decorata, colorata o affrescata è quindi parte di un insieme, al quale attribuisce valore aggiunto (percettivo, artistico, emotivo...) ma dal quale è imprescindibile. L’interazione e lo stretto rapporto con il substrato, con i materiali di cui questo è costituito, con l’esposizione alla radiazione solare e alle intemperie, con tutte le forme di degrado connesse all’edificio e al suo uso, diventano parte della storia della finitura.
Il colore in architettura non è un’idea astratta - Il colore è materia. Proprio la materia, la “ricetta” con la quale la finitura è confezionata, la tecnica esecutiva, l’interazione con il materiale di supporto, determinano diversità sostanziali di resa e di percezione del colore da parte del fruitore.
Storicamente questo era noto, tanto da essere definito nei trattati, insegnato nelle botteghe. Le fonti indirette ci hanno lasciato testimonianze fondamentali in tal senso: le ricette di confezionamento e di esecuzione delle finiture, affinate anche attraverso sperimentazioni ed errori. Ancora più importanti sono quelle rappresentate dal documento diretto, le numerose testimonianze materiche giunte sino a noi. Quelle che spesso, quando si tratta di coloriture o finiture a intonaco, vengono cancellate con superficialità.
Sono molte le variabili che determinano la matericità e la vibrazione di una finitura: il tipo di supporto sul quale è stata stesa, la differente tecnica applicativa del colore (buon fresco, mezzo fresco, affresco tardivo, tempera etc.) e il tipo di coloranti utilizzati (pigmenti organici – inorganici, naturali – artificiali...), la tinta utilizzata, il numero di mani, la presenza di velature progressive o no e così via.
Per la definizione di un colore e di una finitura di un edificio storico, oltre all’assoluta necessità di conservare le finiture originarie è importante conoscere e considerare le questioni sopra menzionate.
La maestria insita nelle finiture del passato, le “ricette” storicamente possibili, le tecniche esecutive storiche restano a testimoniarci che ogni colore o finitura porta con sé la sapienza con la quale è stato progettato, confezionato ed eseguito: perché il colore è materia.